giovedì 6 luglio 2017

 

Identità di Paolo, suo pensiero e nuova personalità

PAOLO
Sommario: Fonti (Il corpus paulinum - Atti degli Apostoli - 2 Pt); - Lista di parole frequenti, proprie ed assenti nel cp (Frequenti - Proprie - Assenti); - Identità complessa del mittente (Saul o Saulo - Paolo - Paolo più di Pietro - Apostolo dei gruppi etnici) - Eventi storico-apostolici - Teologia paolina (θεός - Ἰησοῦς - Χριστός - κύριος - πνεῦμα) - Dio Padre [1 Ts] - Cristo Gesù nostro Signore [Fm] - Spirito Santo di Dio [1 Ts]) - Conclusione - Bibliografia. Antitesi.

Fonti
Per conoscere Paolo è necessario andare alle fonti. La sua lingua greca deriva anche dalla Septuaginta (LXX), prima traduzione dell’AT. Nel corpus paulinum (cp), frequenti sono le citazioni, allusioni, parole e nomi biblici (come Abramo, 19 volte; Mosè 10; Adamo 7). Fonti più specificamente paoline sono almeno: (a) le 13 epistole che hanno “Paolo” per mittente; (b) gli Atti degli Apostoli; (c) 2 Pt 3,15-16.
Il cp
Il cp comprende, attualmente 13 epistole: Romani (Rm); 1 Corinzi (1 Cor); 2 Corinzi (2 Cor); Galati (Gal); Efesini (Ef); Filippesi (Fil); Colossesi (Col); 1 Tessalonicesi (1 Ts); 2 Tessalonicesi (2 Ts); 1 Timoteo (1 Tm); 2 Timoteo (2 Tm); Tito (Tt); Filemone (Fm). A 7 epistole è riconosciuta la piena autenticità; Ef, Col, 2 Ts, 1 Tm, 2 Tm e Tt sono ritenute deuteropaoline o di scuola. La tradizione include Ebrei (cfr. Eb 13,23) e l’apocrifa epistola ai Laodicesi, nella Vulgata, inizia come Gal: “Paulus apostolus non ab hominibus...”.
Atti degli Apostoli
L’autore di At è probabilmente Luca, come per Lc, ma nel NT è nominato solo nel cp (Col 4,14; 2 Tm 4,11; Fm 24). È documentato un rapporto continuato con Paolo.
2Pt
Il “carissimo fratello Paolo” è menzionato anche in 2 Pt 3,15s e “tutte” le sue “epistole” sono già considerate alla pari delle “altre Scritture”.


Lista di parole frequenti, proprie ed assenti nel cp
Un’analisi e la comparazione con il resto del NT (e l’AT) può risultare in elenchi di parole che il cp ha in comune con tutta la Bibbia; ma anche in un elenco di parole proprie e di altre frequenti altrove e assenti dalle 13 epistole.
Frequenti
Tra i temi frequenti (nella traduzione della Bibbia della CEI, 1974) nel cp si registrano:
Dio (ripetuto 546 volte), divina (8), divinità (3), divino (3) (= 560 volte);
Cristo (382), Gesù (209), Gesucristo (1) (= 592);
Signore (268);
fede (149), credenti (21), creduto (16), fedele (15), fiducia (13), crede (11), credente (11), fedeli (6), affidato (5), crediamo (4), credono (4), fedeltà (3), credere (2), credette (2), credo (2), fiducioso (2), affidando (1), affidarci (1), affidata (1), affidatami (1), affidate (1), confidare (1), credano (1), crederai (1), credete (1), creduta (1), fidate (1) (= 277);
spirito-Spirito (148), spirituale (14), spirituali (7), spiriti (5) (= 174);
tutti (174), tutto (105), tutte (53), tutta (28) (= 360); cfr. mondo (61), terra (25), mondani (1) (= 87);
legge (νόμος 121), dottore della legge (1), legislazione (1) (= 123);
fratelli (102), fratello (38), sorella (4), sorelle (1) (= 145);
corpo (98), corpi (8), corporalmente (1) (= 107);
grazia (89), grazie (34) (= 123);
uomo (83), uomini (70) (= 153);
carne (81), carnali (4) carnale (1) (= 86);
gloria (δόξα 77); glorificare (δοξάζω: 12), essere glorificato (ἐνδοξάζομαι: 2), glorioso (ἔνδοξος: 2), vanagloria (κενοδοξία: 1), vanaglorioso (κενόδοξος: 1), conglorificare (συνδοξάζω: 1) (= 96);
vangelo (69), evangelisti (1), evangelizzare (1) (= 71);
bene (64), buona (26), bontà (11), buone (9), buono (5), benevolenza (4), beni (3), benevoli (2), buoni (2), beneplacito (1), benevolo (1), benigna (1)” (= 129);
chiesa (ἐκκλησία: 62), chiamato/i (κλητός: 7) (= 69); (nel cp non è mai menzionata la “sinagoga”; cfr. però Rm 15,30 e 1 Cor 5,4);
peccato (63), male (30), peccati (18), peccatori (7), cattivi (5), malizia (5), colpa (4), cattive (3), mali (3), peccate (3), cattiva (2), colpe (2), colpevole (2), malignità (2), maligno (2), malvagi (2), malvagio (2), malvagità (2), pecca (2), colpevoli (1), colpisce (1), peccaminose (1), peccaminoso (1), peccando (1), peccare (1), peccatore (1) (= 166);
vita (62), vivere (15), vive (11), vivo (9), viviamo (8), vivente (7), vivi (7), vivono (5), vivete (4), vivrà (4), viva (3), vivano (3), rivivere (2), vivamente (2), vivendo (2), viveste (2), vivremo (2), convive (1), ravvivare (1), vitto (1), viventi (1), vivevo (1), vivrete (1) (= 154);
giustizia (59), giusto (20), ingiustizia (13), giustificati (10), giustificazione (9), giustificato (8), giusta (3), giusti (2), giustifica (2), ingiusti (2), giustificare (1), giustificarsi (1), giustificherà (1), ingiusto (1) (= 132);
padre-Padre (57), padri (7), paternità (1) (= 65); - cfr. madre (7), madri (1) (= 8); cfr. figli (51), figlio-Figlio (33), figlie (1), figlioli (1) (= 86);
morte (56), morti (54), morto (18), morire (6), mortale (5), moriamo (4), morì (3), moriremo (2), moribondi (1), morirete (1), morirono (1), morta (1), mortali (1), mortificate (1) (= 154);
scritto (51), scrittura (11), scrivo (10), scritture (6), scriva (4), scritta (2), scritte (2), scriviamo (1) (= 87);
parola (49), parole (23), dire (22), parlare (22), detto (15), parla (11), parliamo (6), parlo (6), parli (3), dite (2), parlando (2), parlassi (2), parlato (2), dettare (1), dette (1), dicevo (1), ditemi (1), parlandone (1), parlano (1), parlar (1), parlarne (1), parlassero (1), parlavo (1), parlerete (1), parlerò (1), parlino (1) (= 178);
apostolo (17), apostoli (15), inviato (8), mandato (6), mando (3), apostolato 2, invia 1, inviare 1, inviata 1, inviati 1, manda 1, mandai 1, mandando 1, mandarvelo 1, mandarvi 1, mandati 1, manderò 1, mandò 1, missione 1 (= 64) - epistola (19), epistole 4 (= 24) (= 88).
L’ordine è modificabile se l’analisi è condotta in greco. Appare comunque evidente il predominio del linguaggio teologico e cristologico (cfr. Rm 1,1-7).
Proprie
Nel cp ci sono: “collaboratore (12); edificazione (8); raccomandare (7); anàtema (5); incorruttibilità (4); adozione (3 volte); aggravio (3); caparra (3) e molte altre che non compaiono altrove nella Bibbia. In greco l’elenco ne comprende 429: δοκιμή (“esperimento, test”) 7 volte: in Rm 5,4; 2 Cor 2,9; 8,2; 9,13; 13,3; Fil 2,22; φυσιόω (“mi gonfio; mi vanto vanitosamente”) 7 volte in: 1 Cor 4,6.18s; 5,2; 8,1; 13,4; Col 2,18; υἱοθεσία (“adozione a figlio”), 5 volte in: Rm 8,15.23; 9,4; Gal 4,5; Ef 1,5. Queste sono le più frequenti tra le esclusive nel cp rispetto a tutta la Bibbia.
La lista varia se la comparazione è tra cp e il resto del solo NT. Sono 876 le voci proprie di Paolo. Tra queste: Τίτος (Tito), 13 volte in: 2Co 2,13; 7,6.13s; 8,6.16.23; 12,18; Gal 2,1.3; 2 Tm 4,10; Tt 1,4; χρηστότης (“bontà, benevolenza”), 10 volte in: Rm 2,4; 3,12; 11,22; 2 Cor 6,6; Gal 5,22; Ef 2,7; Col 3,12; Tt 3,4; ἔρις (“contesa, antagonismo, discordia”), 9 volte in: Rm 1,29; 13,13; 1 Cor 1,11; 3,3; 2 Cor 12,20; Gal 5,20; Fil 1,15; 1 Tm 6,4; Tt 3,9; κίνδυνος (“pericolo, rischio”) 9 volte in: Rm 8,35; 2 Cor 11,26; ἁπλότης (“semplicità, sincerità, franchezza”), 8 volte in: Rm 12,8; 2 Cor 1,12; 8,2; 9,11.13; 11,3; Ef 6,5; ὑπερβολή (“iperbole, eccesso, qualità straordinaria”), 8 volte in: Rm 7,13; 1 Cor 12,31; 2 Cor 1,8; 4,7.17; 12,7; Gal 1,13.
Una documentata originalità linguistica del cp suggerisce un metodo di indagine teologica sul NT e sull’AT, a partire dal cp e non viceversa.
Assenti
Rispetto al resto dell’AT però, il cp è carente di nomi propri e di sostantivi come: “Giuda; Egitto; sacerdote; capi; Saul; Aronne; tenda; Babilonia; Salomone; leviti; Giosuè; Giuseppe; filistei; arca; Giordano; santuario; Efraim, trono; olocausto” - e di migliaia di altri termini. Rispetto al NT, nel cp mancano (2275) voci come: “discepoli; Galilea; sinagoga; parabole; Erode; guarire (θεραπεύω); agnello (ἀρνίον); sinedrio; Cafarnao; sposo (νυμφίος); rabbino”. Persino “Saul” è solo in At.


Identità complessa del mittente
Le 13 epistole sono unite in un solo cp dal nome “Paolo” che si presenta come lo stesso mittente di tutte (Rm 1,1; 1Cor 1,1; 2Cor 1,1; Gal 1,1; Ef 1,1; Fil 1,1; Col 1,1; 1 Ts 1,1; 2 Ts 1,1; 1 Tm 1,1; 2 Tm 1,1; Tt 1,1; Fm 1). Chi è questo Paolo?
Saul o Saulo
È il Saul di cui si parla in At a partire da 7,58 fino a 26,14. Perché cambia nome? Saul o Saulo è trascrizione di שָׁאוּל (Shaul), “chiesto [a Dio]” o “egli [suo padre] lo ha chiesto” e già ricorre in Gn (cfr. 36,37.38). Solo però a partire da 1 Sam 9,2 è riferito al primo re di Israele, della tribù di Beniamino, a cui anche nel cp si fa riferimento (cfr. Rm 11,1; Fil 3,5; At 13,21).
In At, Σαούλ che deriva dalla LXX, è riferito a Paolo solo quando gli è rivolta direttamente la parola:“Σαούλ, Σαούλ perché mi perseguiti?” (At 9:4; 22,7; 26,14). Σαῦλος (usato anche da Giuseppe Flavio) al genitivo è in At 7,58. Nelle due grafie resta un nome ebraico e come tale anche teoforico e regale.
Paolo
At 13,9 introduce un cambio: “Allora Σαῦλος, detto anche Παῦλος”, dopo l'incontro con Sergio Paolo, il procuratore romano di Cipro (At 13,7). Come Priscilla e Aquila (At 18,18.26; Rm 16,3; 1 Cor 16,19; 2 Tm 4,19), Παῦλος è nome latino grecizzato. Non è un nome biblico (cfr. παῦλα, in 2M 4,6: “pausa, riposo”) ma comune, derivando da paulus, “piccolo” (o “l’ultimo nato, come un aborto” di 1 Cor 15,8), ma è trascrizione del soprannome Paullus, già di Lucio E. Macedonico, generale vittorioso della terza guerra macedone (171-168 a.C.) e, molto prima, di due consoli repubblicani: Marco Emilio (302 a.C.) e Lucio Emilio, ucciso a Canne nel 216 a.C.
Παῦλος, anche se identifica un ebreo, evoca l’orgogliosa tradizione repubblicana e militare di Roma.
Paolo più di Pietro
Nel NT Παῦλος è nominato (170 volte) più di Simone (cfr. Mt 4,18), quel Cefa (di Gv 1,4 e soprattutto del cp: 1 Cor 1,12; 3,22; 9,5; 15,5; Gal 1,18; 2,9.11.14), o Pietro accreditato da (solo) 160 menzioni.
La distanza tra i due personaggi è più evidente in At. Qui Παῦλος è in 137 vv e Pietro in 58. Luca, il “caro medico”, compagno e collaboratore (Col 4,14; 2 Tm 4,11; Fm 24), un non ebreo di origine, riconosce evidentemente più a Paolo che a Pietro la responsabilità della predicazione del vangelo nel mondo.
Apostolo dei gruppi etnici
Paolo si valuta ἀπόστολος e perciò “inviato speciale”, “ambasciatore”, “nunzio” di chi lo manda. Rappresenta cioè il Cristo Signore e non se stesso, sia in parole che in opere.
Il titolo ἀπόστολος è assente nell’AT. Dal NT manca in Gc, 1/2/3Gv e persino in Fm ma 34 volte nel cp è riferito a Paolo o a qualche suo stretto collaboratore: (1 Cor 4,9; 9,1-2; 15,9; cfr. 2 Cor 8,23; Fil 2,25).
Il nome latino ellenizzato Paolo e il titolo di apostolo sono pertanto due chiavi interpretative almeno delle fonti paoline. Più che pensatore ellenistico o romano, o retore alla maniera di Demostene, o cinico mercante di chiacchiere (cfr. At 17,18), più che fariseo o dottore della legge, o rabbino, Paolo si considera apostolo di Gesù Cristo (cfr. Rm 16,7; 1 Cor 1,1; 2 Cor 1,1; 11,13; Ef 1,1; Col 1,1; 1 Ts 2,6; 1 Tm 1,1; 2 Tm 1,1; Tt 1,1), riconciliatore (cfr. Rm 5,10-11; 11,15; Gal 3,19-20; Ef 2,16;Col 1,20.22) del mondo con Dio (cfr. 2 Cor 5,18-20; 1 Tm 2,5), collaboratore di Dio (1 Cor 3,9; 2Cor 6,1; cfr. Col 4,11; 1 Ts 3,2) nella edificazione della chiesa. È lui l’“io di nazioni apostolo” (Rm 11,13; cfr. 16,4; Gal 2,7-12; 3,1.6.8; 2Tm 4,17), “nunzio e apostolo” (κῆρυξ καὶ ἀπόστολος) e “maestro di popoli” (διδάσκαλος ἐθνῶν: 1 Tm 2,7).
Eventi storico-apostolici
Narrativamente, egli entra in scena come Saulo, “consenziente” alla morte di Stefano, in At 8,1. Questa esecuzione, con lui partecipe, è storicamente collegabile ancora a Ponzio Pilato, rimasto procuratore fino al 36?
E la rocambolesca fuga da Damasco (2 Cor 11,32s; cfr. At 9) è databile con la visita a Gerusalemme (At 9,26; Gal 1,18)? Non sembrerebbe collegabile ad Areta, non re a Damasco prima del 37 (l’anno di successione di Caligola a Tiberio). G. Flavio (Antichità giudaiche, XVIII, V,3; VI, 3) tace su chi governasse Damasco nel 35-37.
At 12,1-4.19-23 narra la morte di Erode Agrippa I, e coincide con quanto anche Giuseppe riferisce in Antichità giudaiche (XIX, viii): Erode aveva completato i tre anni come re di Giudea (Antichità, XIX, viii, 2) avendo ricevuto l’incarico dopo che Claudio aveva iniziato a regnare, nel 41; morì solo dopo la Pasqua del 44. Da lui Pietro era stato imprigionato durante la festa (At 12,3).
Il (primo) viaggio di Paolo (e Barnaba: At 13-14) avviene quando è Sergio Paolo il proconsole di Cipro, nel 50, o nella prima metà del 51.
La (prima) visita di Paolo a Corinto è correlata al proconsole dell’Acaia (At 18,12), J.A. Gallio (fratello di Seneca). Infatti, su una pietra di Delfi, si menziona, senza data leggibile, Gallio come proconsole d’Acaia e Claudio (che aveva espulso Aquila e Priscilla da Roma: At 18,2.18) come imperatore conclamato per la ventiseiesima volta; la ventisettesima, come risulta da altra iscrizione, fu celebrata per l’inaugurazione di un acquedotto il 1 agosto 52.
Il 52 è l’anno in cui Felice è nominato procuratore di Giudea (Siria) e lo è fin quando Paolo arriva a Cesarea. A “due anni” (διετία in At 24,27) da questo venuta, nel 60, Felice è sostituito da Festo, sotto cui Paolo lascerà Cesarea, nell’autunno dello stesso anno e arriverà a Roma, dove “trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione ...annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo” (At 28,30-31) nella primavera del 61. At si chiude con l’anno 63.


Teologia paolina
La biografia comparata con la storia è necessaria per capire il linguaggio di Paolo imparato da una continua interazione con giudei, greci e romani, con uomini e donne, amici e nemici nel suo ambiente (At 14,1; 18,4; 19,10.17; 20,21; Rm 1,16; 2,9-10; 3,9; 10,12; 1 Cor 1,22.24; 12,13).
L’evoluzione del pensiero nel cp è riscontrabile anche osservando le concordanze di termini come: “grazia, vangelo, fede, amore, chiesa, fratelli, epistola, predicazione” e in una marea di coppie letterarie e vere antitesi () come: “croce-risurrezione; morte-vita; debolezza-potenza; Dio - uomini; opere - fede; schiavitù - libertà, peccato - grazia/giustificazione” (cfr. Rm 1,1.7; 5,15-16; 11,6; 1 Cor 1,1-4.21.24-27; 3,9-10.16-17; 9,14-18; 12,28; 15,9-10.15-16; 2 Cor 1,1-3; 4,4; 6,16; 9,13-14; 11,4; Gal 1,1-3.8-9.13; 2,20-21).
Sono però cinque le categorie teologiche, in comune con gli agiografi che lo precedono, ma che Paolo usa statisticamente di più e che carica di significati specifici: θεός-Dio; Ἰησοῦς-Gesù; Χριστός-Cristo; κύριος-Signore; Spirito Santo-πνεῦμα.
θεός
Il sostantivo θεός, indoeuropeo, significa “luminoso, splendente” (cfr. Gn 1,3;-4; Ap 21,23; 22,5) ma traduce il plurale אֱלֹהִים (“i potenti”: Gn 23,6; o “le divinità”: Es 12,12). Nella LXX è soggetto di un verbo al singolare fin da Gn 1,1: “In principio אֱלֹהִים-θεός creò il cielo e la terra”.
Ἰησοῦς
Ἰησοῦς è nome proprio in ebraico imparentato a Giosuè (cfr. Ez 17,9; Gs 1,1), Isaia (Is 1,1) e Osea (cfr. Os 1,1). Yeshu è diminutivo del teoforico Yĕhošūa‘, professione di fede in יהוה, l’”Esistente”, “Colui che era, è sarà”, come “salvatore” o “salvezza” (יֶשַׁע: σωτήρ in LXX Is 17,10).
Χριστός
È presente nell’AT greco come “l’unto”, il “consacrato con olio”: il sacerdote (cfr. Lv 4,5.16:) come traduzione di מָשִׁיחַ: il re (Saul, in 1 Sam 24,7); il profeta (cfr. 1Cro 16,22; Sal 104,15).
κύριος
Un nome comune, equivalente ad imperator più che a “Signore”, che evoca “seniore” o “senatore” o “gli anziani”. La LXX vi traduce יהוה in più di 5500 vv a partire da Gn 2,8 (cfr. Gn 3,8; 4,15; 8,21: κύριος ὁ θεός).
πνεῦμα
È neutro, nome comune, metaforico e polivalente. Nella LXX non è riferito allo “Spirito Santo” come persona, ma al vento, agli spiriti e anche a רוּחַ אֱלֹהִים, “lo spirito di Dio” che anima le acque (Gn 1,2).
Dio Padre (1 Ts)
Nel cp θεός è il sostantivo e nome più frequente. Si presenta circa 548 volte: al nominativo in 122 vv; al genitivo in 264 vv; al dativo in 480 vv. È distribuito in: 135 dei 432 vv di Rm (1,1-16,27; cfr. 1,7.19.21.28; 3,5; 4,20; 6,13; 7,25; 8,7.14.33; 10,3; 11,2.22; 12,1; 13,1.4; 14,6); in 87 dei 437 vv di 1 Cor; in 65 dei 256 vv di 2 Cor; in 31 dei 155 vv di Ef; in 30 degli 89 vv di 1 Ts. È assente nella 1 Cor dai cc. 13 e 16.
Comparando le frequenze di θεός nel cp e con il resto del NT risaltano differenze a favore del cp. Se è θεός a occupare il primo posto nei due corpus, nel cp è ripetuto con indice di frequenza dell’1,69%; nel resto del NT, dove θεός ricorre 769 volte, la percentuale è invece dello 0,72.
Le epistole con intensità più alta sono: 1 Ts (2,431%); 2 Ts (2,187%) e Rm (2,152%).
In 1 Ts, θεός ricorre in 10 vv del c. 2; in 7 del c. 4; in 6 del c. 1; in 4 del c. 3; in 3 del c. 5.
In 1 Ts, forse il primo documento del NT, θεός è riferito al Padre, menzionato prima del “Signore Gesù Cristo”. La chiesa (ἐκκλησία: 1,1) è ἐν θεῷ (cfr. 2,2; 2 Ts 1,1), quando altrove è “di Dio” (cfr. At 20,28; 1 Cor 1,2; 10,32; 15,9; 2 Cor 1,1; Gal 1,13; 1 Tm 3,5.15).
In contrapposizione agli idoli, in 1 Ts 1,9-10, Paolo loda i tessalonicesi per credere e servire al “Dio è vivo e vero” (cfr. 1 Tm 3,15; Ger  4,2; Gv 17,3; 1 Gv 5,20).
Dio è Padre anche in 1 Ts 1,3; 3,11.13, sempre in unione al “Signore nostro Gesù (Cristo)”, “Figlio” (1 Ts 1,10). Gesù è Figlio grazie al Padre che lo “ha risuscitato dai morti”. Qui, al v. 10, Paolo usa ἐγείρω ma in 1 Ts 4,14 (“noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato”) ἀνέστη, “si alzò”, come ispirazione per gli “addormentati”: ἀναστήσονται, “si alzeranno” (1 Ts 4,16). Dio li risveglierà e “li radunerà per mezzo di Gesù Cristo”.
Grazie al Padre, la figliolanza, alla luce e al giorno (1 Ts 5,5), si estenderà a vivi e morti, mentre la paternità si è già manifestata in Paolo verso (1 Ts 2,11).
Paolo si presenta anche come madre: “avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita” (1 Ts 2,8). Egli è uno degli apostoli di Cristo (cfr. 1 Ts 2,7) e ringrazia Dio “continuamente” (1 Ts 1,2) per quanti sono stati capaci di distinguere la “parola di Dio” dalla “parola di uomini (1 Ts 2,13).
A Dio, “Padre nostro”, Paolo riferisce i frutti della predicazione: fede, carità e speranza, virtù (1 Ts 1,3) di coloro che Dio ha amato ed eletto “fratelli” (1 Ts 1,4).
La fraternità teologale è in 1 Ts, più rilevante che altrove nel cp, come l’accentuazione sul “Padre nostro”, sviluppata in una dottrina trinitaria successivamente, in 2 Ts 1,3 e 2,13. “Dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore (Gesù il Cristo), perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito”.
Fratelli sono, ecclesialmente, coloro ai quali “abbiamo annunziato il vangelo di Dio” (1 Ts 2,9), “imitatori delle Chiese di Dio” (1 Ts 2,14) e il fratello Timoteo, “collaboratore di Dio” (1 Ts 3,2). Tutti devono “comportarsi in modo da piacere a Dio” (1 Ts 4,1).
I fratelli sono anche i collaboratori di Paolo se la loro parola e la loro fede arrivano in tutta l’Acaia e in Macedonia (1 Ts 1,8). Fare uscire le genti dall’idolatria “per servire al Dio vivo e vero” (1 Ts 1,9) è la missione condivisa con Timoteo e i fratelli (cfr. 1 Ts 2,2.4). Dio ne è “testimone” (μάρτυς: 1 Ts 2,10) e “testimoni” sono i tessalonicesi: di un comportamento apostolico irreprensibile (1 Ts 2,5.10).
Il “vangelo di Dio” è deve essere gratuito (1 Ts 2,9).
Paolo richiama a una maniera di camminare sempre “degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (1 Ts 2,12). È la parola di Dio che “opera in voi che credete” (1 Ts 2,13).
I fratelli di Tessalonica affrontano le persecuzioni come i fratelli di Giudea (1 Ts 2,14) da vicini implicati nella morte di Gesù e che “non piacciono a Dio” (1 Ts 2,15).
A Dio, Paolo rivolge l’εὐχαριστίαν per la gioia di stargli sempre “davanti “ insieme alla chiesa (1 Ts 3,9; cfr. 1,2; 2,13; 5,18). Ma è il vangelo che motiva l’eucaristia (1 Ts 2,7) personale di Paolo mentre scrive (1 Ts 4,9; 5,1) 1 Ts (cfr. 5,27). La preghiera è sempre anche apostolica e trinitaria: “Voglia dirigere (κατευθύναι: si noti la terza persona singolare) Dio stesso, Padre nostro e il Signore nostro Gesù la nostra strada verso di voi!” (1 Ts 3,11).
In 1 Ts 3,13 (e in 5,23) Paolo esorta alla santità davanti a Dio Padre nostro nella prospettiva della παρουσία di Gesù Cristo Signore (1 Ts 3,13), menzionato assieme e dopo Dio (cfr. 1 Ts 1,1.3; 2,15; 3,11.13; 4,1.2.16; 5,9.23; 28).
La volontà di Dio Padre è “la vostra santificazione” (1 Ts 4,3), e la distinzione dagli “etnici” (cfr. 1 Ts 2,16) che nulla “sanno di Dio” (1 Ts 4,5) il quale chiama “non all’impurità ma alla santificazione” (1 Ts 4,7) e generosamente dona “il suo Santo Spirito” (1 Ts 4,8).
Al suono della “tromba di Dio”, il Signore Gesù discenderà dal cielo e “i morti in Cristo” risorgeranno (1 Ts 4,16) per mezzo del “Signore nostro” (1 Ts 5,9).
“Il Dio della pace” santifica i fratelli alla perfezione con la salvezza “in Cristo Gesù”. I tessalonicesi riconoscano con gratitudine la “volontà di Dio” (1 Ts 5,18) e attendano la “parusia del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Ts 5,23; cfr. 2 Ts 2,1.8).
Perché “nostri” il Padre, il Figlio Gesù Cristo come Signore e lo Spirito Santo sono intimamente uniti e armonizzati tra loro.
Cristo Gesù nostro Signore (Fm)
Il titolo di Χριστός (Μεσσίας in Gv 1,41 e 4,25) nel cp è attribuito a “Gesù”. Ricorre in 31 vv di Rm; in 19 vv di Fil ; in 18 vv di 1 Cor; in 17 vv di Ef; in 15 vv di Gal; in 13 vv di 1 Tm; in 12 vv di 2 Tm; in 9 vv di 2 Cor; in 9 vv di 2 Ts; in 7 vv di 1 Ts; in 5 vv di Col; in 5 vv di Fm; in 4 vv di Tt. Relativamente ricorre di più in Fm (1,493%); Fil (1,412%); 2 Ts (1,215%) e meno in Rm (0,436%); 1 Cor (0,322%); Col (0,316%); 2 Cor (0,223%).
Nel NT, Ἰησοῦς, è usato da solo più spesso in: Gv (230 vv); Mt (143); Lc (85); Mc (78); At (50); Eb (11); 1 Ts (in 8 vv), meno in altre epistole del cp. In Gal, Fm, 1 Tm, 2 Tm, Tt, non è mai usato senza il “Cristo” vicino.
Nel cp, le epistole dove, relativamente, sia “Gesù” che “Cristo” sono più menzionati è Fm (5,672%); Fil (5,034%) e 2 Ts (4,010%). In Fm, Paolo scrive spesso anche il proprio nome (tre volte: vv 1.9.19) e due assieme a Gesù.
In Fm, 25 vv in tutto, “Gesù” è presente 6 volte in: 1.3.5.9.23.25; “Cristo” 8 volte in: 1.3.6.8.9.20.23.25; “Signore” è nei vv 3.5.16.20.25.
L’espressione “Cristo Gesù” è nel v. 1, nel v. 9 e nel v. (25): “Cristo è Gesù”. “Gesù Cristo”, nei vv 3 e 25 rappresenta un cambio d’accento: “Gesù è Messia”.
Il “vangelo” (Fm 13) incoraggia Paolo stesso a definirsi, nel v. 1: δέσμιος del Cristo Gesù, approfittandone presso Filemone a favore di Onesimo. Nel v. 9 scrive infatti di preferire “pregarti in nome della carità, così qual io sono, Paolo, anziano, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù”.
“Prigioniero di Cristo Gesù” corrisponde a: “vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù” del v. 9 dove πρεσβύτης: e δέσμιος sono paralleli.
Che significato ha il genitivo “di Cristo”: è epesegetico, possessivo, di pertinenza? Curiosando nelle diverse “prigioni” frequentate da Paolo, il Signore non risulta mai come suo carceriere.
Sin dallo scontro sulla via di Damasco, tuttavia, Paolo è un conquista di Cristo (cfr. Fil 3,12 con At 9,16), un “servo di Cristo” (Rm 1,1; 2 Cor 4,5; Gal 1,10; Fil 1,1; Tt 1,1), uno schiavo di Cristo (cfr. 1 Cor 7,22); l’imitatore di Cristo (cfr. 1 Cor 11,1).
Gesù è il κύριος-imperator di Paolo. Non sempre l’ascolta; neppure quando, imitandolo nella triplice preghiera dell’Orto (Mc 14,36-41), gli chiede la liberazione dalla spina nel fianco (cfr. 2 Cor 12,7-10).
La prigionia (cfr. 2 Cor 6,5; 11,23) come la lista di sofferenze e debolezze, sono solo “segni” di un apostolo (2 Cor 12,12; cfr. 2 Cor 13,3-4) che deve essere crocifisso con Cristo (cfr. Rm 6,6; Gal 2,19).
In Ef 4,1, dove si autopresenta con ἐγὼ ὁ δέσμιος ἐν κυρίῳ, il genitivo “di Cristo Gesù” è sostituito dal locativo “nel Signore”, eco della più ricorrente espressione paolina “in Cristo [Gesù]” (cfr. anche 1 Pt 3,16; 5,10.14; nel cp è ancora Fm dove ἐν Χριστῷ è più frequente: Fm 8.20.23). Cristo è dunque, in quanto Signore, è per Paolo come il locus della sua prigione e come la “casa” di Filemone dove si riunisce la chiesa (Fm 2).
Con orgoglio, in Ef 6,20 Paolo dichiara di essere ambasciatore di Cristo ἐν ἁλύσει, nell’atto stesso cioè di essere catturato (o preso come un pesce). È ambasciatore pur essendo prigioniero. Resta un apostolo.
In Fm 2, si riferisce ad Archippo come συστρατιώτης, un “compagno d’armi” e nel v. 23 a Epafra come “ὁ συναιχμάλωτός, un “compagno di prigione in Cristo Gesù”. Essere l’apostolo dei gentili comporta queste compagnie (Fil 2,25; Col 4,10) come anche quella di Andronìco e Giunia, “parenti”, “compagni di prigionia” e “insigni tra gli apostoli” (Rm 16,7)
In Fil 1,7, rivolgendosi ai filippesi li invita a partecipare “della grazia” che gli “è stata concessa sia nelle mie catene - ἔν τε τοῖς δεσμοῖς μου” e “nella difesa e nel consolidamento del vangelo”.
Le prigioni sono stazioni necessarie per la diffusione del vangelo (cfr. Fm 13).
Se dunque Paolo non è stato incatenato da Cristo è incatenato a Cristo come un servo, un presbitero apostolo al suo Signore: “in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene in Cristo” (Fil 1,13). Molti tra i “fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene (τοῖς δεσμοῖς μου)” annunziano anch’essi la parola di Dio senza paura.
Le catene (cfr. At 28,31) forse servono a Paolo come i chiodi a Gesù (cfr. At 17,3) o come le stigmate sul corpo (cfr. Gal 6,17) o la spina fissa nel fianco (2 Cor 12,7): per mostrare che Gesù crocifisso è il vero Cristo e Signore (cfr. At 9,22; 18,5.28) di tutti (At 10,36).
Paolo fa conoscere Cristo per somiglianza fisica con lui (cfr. 1 Cor 1,17-28; 4,9-10; 2 Cor 12,9-10; 13,3-4).
In Fil 1,17, dice di essere contento anche quando Cristo è predicato per aggiungere tribolazione alle sue catene. Il mistero di Cristo è il motivo per cui “mi trovo in catene” (Col 4,3) rimanendogli fedele (Col 4,18). Neppure Timoteo si vergogni “delle mie catene” (2 Tm 1,16) sapendo che è solo il vangelo e non altro la causa per la quale “io soffro fino a portare le catene come un malfattore” (2 Tm 2,9).
Se nel cp si parla di Gesù, crocifisso e risorto, come del Cristo e del Figlio di Dio (Rm 1,4; 2 Cor 1,19; Gal 2,29; Ef 4,13), in Fm Gesù è Cristo e il Signore di Paolo. Le catene servono per autenticare parola e servizio (cfr. Fm 13).
In Fm, a Gesù Cristo nei v. 3 e nel v. 25 è attribuito il titolo di “Signore”; a Gesù nel v. 5; nel v. 16 “Signore” è solo e nel v. 20 sono assieme “Signore” e “Cristo” in sintagmi paralleli.
Fm mostra come prigionia e vecchia non ostacolino il riconoscimento di Gesù come il χριστός crocifisso e il κύριος risorto in ogni circostanza, e a restargli fedeli.
Spirito Santo di Dio (1 Ts)
Se nel resto della Bibbia, il vocabolario dello “spirito” comprende almeno 6 termini importanti (πνεῦμα 614 volte; πνευματικός 2; πνευματοφόρος 2; πνεύμων 2; πνευματικῶς 1; πνευματοφορέομαι 1) e 622 ricorrenze, nel cp i termini sono solo 3 (πνεῦμα 146, πνευματικός 24, πνευματικῶς 1). Tuttavia le 171 ricorrenze di queste tre parole sviluppano una percentuale di frequenza dello 0,52%, contro lo 0,08% del resto della Bibbia. Statisticamente, Paolo tratta dello spirito e soprattutto dello Spirito Santo più di altri agiografi.
Nel cp ci si riferisce allo “Spirito Santo” in: Rm 5,5; 9,1; 14,17; 15,13.16; 1 Cor 6,19; 1Cor 12,3 (“come nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire ‘Gesù è anàtema’, così nessuno può dire ‘Gesù è Signore’ se non sotto l'azione dello Spirito Santo”); 2 Cor 1,22; 13,13; Ef 1,13; 4,30; 1 Ts 1,5s; 4,8; 2 Tm 1,14; Tt 3,5.
Lo Spirito è santo perché è di Dio.
Il “Santo Spirito” è rilevante soprattutto in At (1,8; 2,38; 4,31; 9,31; 10,45; 13,4; 16,6; cfr. anche Mt 28,19; Lc 12,10.12). Il Santo d’Israele, che nei LXX indica Dio (cfr. Es 26,33; Is 1,4; Ger 50,29), è Spirito.
Nel cp “Santo Spirito” ricorre in 1 Cor 6,19: “il vostro corpo è tempio del Santo Spirito che è in voi e che avete da Dio”, e nel saluto trinitario di 2 Cor 13,13: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione (ἡ κοινωνία) del Santo Spirito siano con tutti voi”.
L’espressione evidenzia la santità dello Spirito, anche rispetto al “corpo” dei credenti, la chiesa (1 Ts 1,1), per la “comunione” che è la sintesi della χάρις del Cristo con l’ἀγάπη di Dio. Nominato al primo posto come protagonista della missione (1 Ts 1,5; 5,19) o al secondo dopo il Signore o dopo Dio (1 Ts 1,6; 4,8), lo Spirito è, indissolubilmente in comunione con Dio e con la chiesa.
Paolo stesso è un apostolo “spirituale” (cfr. At 13,2.9; 19,6; 20,22; 21,4.11; Rm 9,1; 15,30; 1 Cor 3,1; 7,40; Gal 3,2) perché trasmette la “sapienza spirituale” (cfr. Rm 11,33; 1 Cor 1,17-30; 2,1-13).
Se “Spirito Santo”, si noti l’inversione dei termini, non è esclusiva espressione di Paolo (in 23 vv di At; in 11 vv di Lc; in 5 vv di Rm e in 5 vv di Eb; in 4 vv di Mt e in 4 vv di Mc; in 3 vv di Gv; in 3 vv della 1 Ts), nel cp essa ricorre in 13 vv (Rm 5,5; 9,1; 14,17; 15,13.16; 1 Cor 12,3; 2 Cor 6,6; Ef 4,30; 1 Ts 1,5s; 4,8; 2 Tm 1,14; Tt 3,5). Non è in Gal, Fil, Col, 2 Ts, 1 Tm, Fm.
Relativamente alla lunghezza, la sua frequenza più intensificata, come già per “Dio”, è in 1 Ts. In 1 Ts 1,5 è riferita al “nostro vangelo”, diffuso a Tessalonica non solo in “parola” o in “potenza” ma ἐν πνεύματι ἁγίῳ. Con questo ricordo, Paolo fa coincidere la predicazione di Cristo con il dono dello Spirito e con la stessa stesura di 1 Ts.
Dà atto ai lettori, in 1 Ts 1,6, di essere anche loro diventati imitatori suoi e del Signore, del quale hanno accolto la parola, anche in mezzo ad una grande tribolazione “con la gioia dello Spirito Santo”.
Come “il Santo” nell’AT (cfr. ancora Is 29,19; Ba 4,22) così nel NT lo “Spirito Santo” (Rm 14,17; 15,13; Gal 5,22; cfr. At 8,39; 13,52) suscita gioia per la fede in Cristo, a partire dal battesimo (cfr. 1Cor 6,11), infondendo speranza di vita per i morti (cfr. 1 Ts 4,13-16) che sicuramente risorgeranno con corpo “spirituale” (cfr. 1Cor 15,44).
Suppostamente, la gioia è connessa alla fede nella risurrezione (1 Ts 1,10; 2,15), che è operata dal Padre per mezzo della potenza dello Spirito (cfr. Lc 1,35; At 10,38 con Rm 1,4; 8,11; 1 Cor 6,14; Col 2,12) già in Cristo, per questo costituito “Figlio di Dio” pur essendo un uomo (cfr. Rm 1,4).
Se grazie allo Spirito, Cristo è Figlio di Dio e Signore, “il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor ,3,17) rispetto al passato e alla morte; e “secondo l’azione dello Spirito del Signore” c’è un futuro glorioso (2 Cor 3,18).
Dallo stesso Spirito Santo, oltre la gioia pasquale, proviene l’amore di Dio (Rm 15,30), la santificazione e la fede nella verità (2 Ts 2,13) del “vangelo di Dio” identico con il “vangelo di Cristo” (1 Ts 2,2.4.8.9; 3,2; 2 Ts 1,8; 2 Tm 1,8).
Una molteplicità e varietà di doni e frutti spirituali (Rm 12,6; 1 Cor 1,5; 12,1.28.30; 1 Cor 14,12.37; Gal 5,22), armonizzati dall’aspirazione dei credenti all’amore (ἀγάπη: 1 Cor 14,1; cfr. Gal 5,6) - “via iperbolica” (καθ᾽ ὑπερβολὴν ὁδόν) -  è una abilitazione all’unità della vita fraterna (cfr. 1 Ts 2,14), come membra del corpo di Cristo, “spirituale” nell’attualità e continuità della chiesa (cfr. Rm 12,4-5; 1 Cor 10,17; 12,12-20; Ef 2,16; 4,4; Col 3,15).
In 1 Ts Paolo è strumento dello Spirito in quanto apostolo. Richiamando a seguire proposte derivate dal vangelo già annunciato a Tessalonica (1 Ts 1,5; 2,2.4.8.9; 3,2), in 1 Ts 4,8 sostiene che chi le disattende, “non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito”.
Lo “Spirito Santo di Dio”, da non rattristare mai (Ef 4,30), ma da accogliere come dono di Dio, attualizza la pace nella fede (Rm 15,13), la speranza (cfr. Rm 15,16), la costruzione del “tempio” (1 Cor 6,19) e ancora con la mediazione “sacerdotale” di Paolo (cfr. Rm 12,1; 15,16.19; 1 Cor 9,13), le strutture alte di una trilogia variabile: “fede, amore e speranza” (cfr. 1 Ts 1,3; 3,6; 5,8 con Rm 4,18; 5,5; 8,24; 15,13; 1Cor 13,2.13; 2 Cor 8,7; 10,15; Gal 5,5-6; Ef 1,15; 3,17; 6,23; Fil 2,1; Col 1,4-5; 2 Ts 1,3; 1 Tm 1,5; 1,14; 6,11; 2 Tm 1,13; 2 Tm 2,22; 3,10; Tt 2,2; Fm 5).
Giustizia, pace e gioia ἐν πνεύματι ἁγίῳ costituiscono il regno di Dio non identificabile solo in un credo, né solo nella giustizia e ancora meno in cibo e bevanda da consumarsi o da cui astenersi (cfr. (Rm 14,17). Con la fede, la speranza e l’amore fraterno, la vita diventa insieme locus della presenza di Dio, o chiesa teologale.
Conclusione
Filologicamente e storicamente soppesate, le fonti (cp, At, 2 Pt) confermano l’esistenza di un “Paolo”, ebreo (israelita beniaminita) e fariseo (Saulo) che, presso Damasco, è mutato in rappresentante di Cristo e mittente di (almeno) 13 “epistole”. Non è filosofo, né retore, né filologo, né traduttore professionale delle Scritture. È il primo apostolo agiografo del NT, con mandato di cambiare soprattutto le categorie teologiche derivate dalla LXX  - “Dio, Cristo, Signore, Spirito” - a partire dal vangelo, novità storica sintetizzata nella morte di croce, sepoltura e risurrezione di Gesù - secondo le Scritture. La singolarità di Paolo sta nella conoscenza esperimentata di Gesù e nella coscienza di potere e dover trasmettere, collaborando con Dio, la definitiva teologia: che proprio l’uomo Gesù è il vero Figlio, Cristo-Messia e Signore; che Dio dei padri è Padre del Figlio e “nostro”; che lo Spirito è Santo perché intimamente di Dio. Oltre perciò questa esplicita intenzionalità, è la teologia trinitaria, efficace nell’attualità della  fede, speranza e amore per la costruzione della chiesa, e necessaria alla salvezza del mondo, la chiave ermeneutica corretta per interpretare il cp. Per Paolo, Dio completo è l’essenziale perché vero nell’attualità; il resto è secondario, perché passato o futuro incerto.
Angelo Colacrai
Bibliografia


Vidal, S., Pablo. De Tarso a Roma, Santander 2007. - Murphy-O’Connor, J., Paul History, Oxford 2004. - Dunn, J.D.G., The Theology of Paul the Apostle, Edinburgh 1998. - Fabris, R., Paolo. L’apostolo delle genti, Milano 1997. - Penna, R., Paolo di Tarso. Un cristianesimo possibile, Cinisello Balsamo 1992. - Becker J., Paulus, der Apostel der Wölker, Tübingen 19922. - Bornkamm, G., Paulus, Verlag W. Kohlhammer, 1969. - Gnilka, J., Paulus von Tarsus: Apostel und Zeuge, Freiburg im Br. 1966 (Herder, 19962). - Tasker, R. V. G. “The Text of the ‘Corpus paulinum.’”, in NTS 1 (1954–55) 180–91. - Zuntz, G. The Text of the Epistles: A Disquisition upon the ‘Corpus paulinum”, London 1953.

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