IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA NON ERA PIETRO

 

IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA 
Gv 21,24. Analisi storico-letteraria e riflessioni

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1. Chi è "questo discepolo che testimonia queste cose" e "le ha scritte"?

L'identità del "discepolo che Gesù amava" è oggetto di dibattito tra gli studiosi. Tra le interpretazioni più comuni:

  • Giovanni l'Evangelista: Tradizionalmente, si è identificato questo discepolo con l'autore stesso del Vangelo, Giovanni. L'uso della terza persona per riferirsi a sé stesso sarebbe un artificio letterario comune all'epoca.
  • Un discepolo anonimo: Altri ipotizzano che si tratti di un testimone oculare non identificato, vicino a Giovanni.
  • Una figura simbolica: Si propone anche un'interpretazione simbolica, che vede in questo discepolo la personificazione dell'intera comunità dei credenti.

2. "E noi sappiamo che la sua testimonianza è vera": a chi si riferisce il "noi"?

L'espressione "noi" può essere interpretata in modi diversi:

  • L'autore e la sua comunità: Si potrebbe riferire all'autore e a un gruppo di lettori o ascoltatori a lui noti, che condividevano la sua fede e conoscenza delle vicende di Gesù.
  • La comunità cristiana in generale: Un'altra possibilità è che il "noi" indichi la comunità cristiana nel suo complesso, sottolineando l'universalità della testimonianza evangelica.

3. Quanti sono gli autori di questo versetto e del Vangelo di Giovanni?

La paternità del Vangelo di Giovanni è attribuita tradizionalmente all'apostolo Giovanni, anche se alcuni studiosi propongono ipotesi alternative, come la redazione da parte di un gruppo di autori guidati da Giovanni o da un suo discepolo. L'evidenza testuale non permette di stabilire con certezza una sola risposta.

4. Chi è "il discepolo che Gesù amava"?

Il "discepolo che Gesù amava" è una figura ricorrente nel Vangelo di Giovanni (Gv 13,23; 19,26; 20,2; 21,7; 21,20). Si distingue per la sua relazione speciale con Gesù, caratterizzata da intimità, fiducia e amore. Potrebbe trattarsi di Lazzaro: cfr Gv 11,3.5 (Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami [phileo] è malato». Gesù amava [agapao] Marta e sua sorella e Lazzaro.)

5. Ci sono problemi redazionali in questa finale del Vangelo di Giovanni?

Alcuni studiosi ipotizzano che la conclusione del Vangelo (Gv 21,24-25) possa essere stata aggiunta da un redattore successivo, in quanto presenta alcune differenze stilistiche e contenutistiche rispetto al resto del testo. Tuttavia, non vi è un consenso unanime su questo punto e la maggior parte degli studiosi ritiene che il capitolo 21 faccia parte del Vangelo originale, quarto vangelo, comunque distinto fortemente dai 3 vangeli Sinottici (Matteo, Marco, Luca).

In aggiunta a quanto sopra

  • Il versetto 21,24 sottolinea l'importanza della testimonianza oculare per la fede cristiana. Il discepolo "ha visto e testimoniato" (Gv 21,24), garantendo l'autenticità del racconto evangelico.
  • L'affermazione "noi sappiamo che la sua testimonianza è vera" (Gv 21,24) riflette la convinzione della comunità cristiana nella veridicità del Vangelo e nella sua capacità di trasmettere il messaggio di Gesù.
  • La finale del Vangelo di Giovanni (Gv 21,24-25) lascia un messaggio di speranza e rassicurazione ai lettori: la testimonianza di Gesù continua a vivere nella comunità dei credenti e la sua parola rimane fonte di vita e di verità.

L’interpretazione che identifica Lazzaro fratello di Marta e Maria, come il "discepolo che Gesù amava" è interessante.

L'identità di questa figura anonima nel Vangelo di Giovanni rimane un enigma affascinante su cui studiosi e teologi dibattono da secoli.

L'interpretazione tradizionale che vede nel discepolo amato Giovanni l'Evangelista non mi convince, in quanto i “figli di Zebedeo” sono caratterizzati in modo diverso.

La menzione dell'amore di Gesù per Lazzaro e le sue sorelle in Gv 11,3 e 11,5 apre nuove possibilità interpretative. Innanzitutto, letterariamente, il fatto che del “discepolo che Gesù amava” si parla successivamente e sempre in forma anonima solo a partire da Gv 13,23, 19,26, 20,2, 21,7, 21,20.

Studiando quindi in sequenza questi versetti Gv 11,3.5; 13,23; 19,26; 20,2; 21,7.20 si può sostenere con buona certezza che Lazzaro, l’amico risuscitato da Gesù per amicizia, sia diventato un testimone oculare privilegiato della sua risurrezione e un discepolo fedele più di Pietro e ancor di più di tutti gli altri discepoli che avevano seguito sì Gesù dalla Galilea ma poi lo hanno praticamente abbandonato sulla croce.

Ecco alcuni spunti di riflessione che potrebbero esserti utili

  • L'uso dei verbi "phileo" e "agapao": Come abbiamo visto, Giovanni utilizza questi due verbi per descrivere l'amore in modi differenti. Vale la pena approfondire il loro significato e il loro utilizzo nel contesto del Vangelo per comprendere meglio la relazione tra Gesù e le persone menzionate. – Nel dialogo con Pietro in Giovanni 21,25-19, è Pietro che normalmente risponde a Gesù che usa il verbo agapao, con phileo.
  • Il ruolo di Marta e Maria: Marta e Maria sono figure importanti nella storia di Lazzaro. Esplorare il loro rapporto con Gesù e il loro ruolo nella comunità cristiana può fornire ulteriori indizi per l'identificazione del discepolo amato.
  • Il tema della testimonianza: Il Vangelo di Giovanni pone grande enfasi sulla testimonianza oculare come base per la fede. Riflettere sul significato della testimonianza di Lazzaro e sul suo rapporto con la tradizione del Vangelo può aiutare a chiarire la sua possibile funzione come discepolo amato.

La sua storia ci invita a riflettere sulla natura profonda dell'amore, sulla fedeltà e sul coraggio di seguire Gesù.

Ricorda che la Bibbia è un testo ricco e complesso che può essere interpretato in modi differenti. La cosa importante è avvicinarsi ad essa con un atteggiamento di apertura, curiosità e rispetto per la molteplicità di voci e prospettive. 

[in collaborazione e contrasto con Gemini]

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