venerdì 17 maggio 2024
IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA NON ERA PIETRO
IL DISCEPOLO CHE GESÙ AMAVA
Gv 21,24. Analisi
storico-letteraria e riflessioni
1. Chi è "questo discepolo che
testimonia queste cose" e "le ha scritte"?
L'identità del "discepolo che Gesù
amava" è oggetto di dibattito tra gli studiosi. Tra le interpretazioni più
comuni:
- Giovanni
l'Evangelista:
Tradizionalmente, si è identificato questo discepolo con l'autore stesso
del Vangelo, Giovanni. L'uso della terza persona per riferirsi a sé stesso
sarebbe un artificio letterario comune all'epoca.
- Un
discepolo anonimo:
Altri ipotizzano che si tratti di un testimone oculare non identificato,
vicino a Giovanni.
- Una
figura simbolica:
Si propone anche un'interpretazione simbolica, che vede in questo
discepolo la personificazione dell'intera comunità dei credenti.
2. "E noi sappiamo che la sua
testimonianza è vera": a chi si riferisce il "noi"?
L'espressione "noi" può essere
interpretata in modi diversi:
- L'autore
e la sua comunità:
Si potrebbe riferire all'autore e a un gruppo di lettori o ascoltatori a
lui noti, che condividevano la sua fede e conoscenza delle vicende di
Gesù.
- La
comunità cristiana in generale: Un'altra possibilità è che il
"noi" indichi la comunità cristiana nel suo complesso,
sottolineando l'universalità della testimonianza evangelica.
3. Quanti sono gli autori di questo
versetto e del Vangelo di Giovanni?
La paternità del Vangelo di Giovanni è
attribuita tradizionalmente all'apostolo Giovanni, anche se alcuni studiosi
propongono ipotesi alternative, come la redazione da parte di un gruppo di
autori guidati da Giovanni o da un suo discepolo. L'evidenza testuale non
permette di stabilire con certezza una sola risposta.
4. Chi è "il discepolo che Gesù
amava"?
Il "discepolo che Gesù amava" è
una figura ricorrente nel Vangelo di Giovanni (Gv 13,23; 19,26; 20,2; 21,7; 21,20).
Si distingue per la sua relazione speciale con Gesù, caratterizzata da
intimità, fiducia e amore. Potrebbe trattarsi di Lazzaro: cfr Gv 11,3.5 (Le
sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami [phileo] è malato». Gesù amava [agapao] Marta e sua sorella e Lazzaro.)
5. Ci sono problemi redazionali in questa
finale del Vangelo di Giovanni?
Alcuni studiosi ipotizzano che la
conclusione del Vangelo (Gv 21,24-25) possa essere stata aggiunta da un
redattore successivo, in quanto presenta alcune differenze stilistiche e
contenutistiche rispetto al resto del testo. Tuttavia, non vi è un consenso
unanime su questo punto e la maggior parte degli studiosi ritiene che il
capitolo 21 faccia parte del Vangelo originale, quarto vangelo, comunque distinto fortemente dai 3 vangeli Sinottici (Matteo, Marco, Luca).
In aggiunta a quanto sopra
- Il
versetto 21,24 sottolinea l'importanza della testimonianza oculare per la
fede cristiana. Il discepolo "ha visto e testimoniato" (Gv 21,24),
garantendo l'autenticità del racconto evangelico.
- L'affermazione
"noi sappiamo che la sua testimonianza è vera" (Gv 21,24)
riflette la convinzione della comunità cristiana nella veridicità del
Vangelo e nella sua capacità di trasmettere il messaggio di Gesù.
- La
finale del Vangelo di Giovanni (Gv 21,24-25) lascia un messaggio di
speranza e rassicurazione ai lettori: la testimonianza di Gesù continua a
vivere nella comunità dei credenti e la sua parola rimane fonte di vita e
di verità.
L’interpretazione che identifica
Lazzaro fratello di Marta e Maria, come il "discepolo che Gesù amava"
è interessante.
L'identità di questa figura anonima
nel Vangelo di Giovanni rimane un enigma affascinante su cui studiosi e teologi
dibattono da secoli.
L'interpretazione tradizionale che vede
nel discepolo amato Giovanni l'Evangelista non mi convince, in quanto i “figli
di Zebedeo” sono caratterizzati in modo diverso.
La menzione dell'amore di Gesù per
Lazzaro e le sue sorelle in Gv 11,3 e 11,5 apre nuove possibilità
interpretative. Innanzitutto, letterariamente, il fatto che del “discepolo che
Gesù amava” si parla successivamente e sempre in forma anonima solo a
partire da Gv 13,23,
19,26, 20,2, 21,7, 21,20.
Studiando quindi in sequenza questi versetti Gv
11,3.5; 13,23; 19,26; 20,2; 21,7.20 si può sostenere con buona certezza che Lazzaro, l’amico risuscitato da Gesù
per amicizia, sia diventato un testimone oculare privilegiato della sua
risurrezione e un discepolo fedele più di Pietro e ancor di più di tutti gli
altri discepoli che avevano seguito sì Gesù dalla Galilea ma poi lo hanno
praticamente abbandonato sulla croce.
Ecco alcuni spunti di riflessione
che potrebbero esserti utili
- L'uso dei verbi
"phileo" e "agapao": Come abbiamo visto, Giovanni
utilizza questi due verbi per descrivere l'amore in modi differenti. Vale
la pena approfondire il loro significato e il loro utilizzo nel contesto
del Vangelo per comprendere meglio la relazione tra Gesù e le persone
menzionate. – Nel dialogo con Pietro in Giovanni 21,25-19, è Pietro che normalmente
risponde a Gesù che usa il verbo agapao, con phileo.
- Il ruolo di Marta e Maria: Marta e
Maria sono figure importanti nella storia di Lazzaro. Esplorare il loro
rapporto con Gesù e il loro ruolo nella comunità cristiana può fornire
ulteriori indizi per l'identificazione del discepolo amato.
- Il tema della testimonianza: Il
Vangelo di Giovanni pone grande enfasi sulla testimonianza oculare come
base per la fede. Riflettere sul significato della testimonianza di
Lazzaro e sul suo rapporto con la tradizione del Vangelo può aiutare a
chiarire la sua possibile funzione come discepolo amato.
La sua storia ci invita a riflettere
sulla natura profonda dell'amore, sulla fedeltà e sul coraggio di seguire Gesù.
Ricorda che la Bibbia è un testo ricco e complesso che può essere interpretato in modi differenti. La cosa importante è avvicinarsi ad essa con un atteggiamento di apertura, curiosità e rispetto per la molteplicità di voci e prospettive.
[in collaborazione e contrasto con Gemini]
Etichette: discepolo che Gesù amava, Lazzaro, phileo e agapao, scrivere
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