lunedì 3 giugno 2024

 

RESTITUITE ALL'IMPERATORE IL DENARO - CHE NON È DI DIO


Marco 12,13-17. RESTITUITE A CESARE IL DENARO - CHE È SUO

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In questo brano, i Farisei e gli Erodiani cercano di incastrare Gesù con una domanda sulla legittimità di pagare le tasse a Roma. Gesù, con la sua risposta intelligente, li sbugiarda e li lascia senza parole. Egli afferma che è giusto rendere a Cesare ciò che è di Cesare, ma che la cosa più importante è rendere a Dio ciò che è di Dio, ovvero il nostro cuore e la nostra obbedienza.

Passi paralleli

Contesto storico

La Palestina del I secolo d.C. era sotto il dominio romano, e molti ebrei erano restii a pagare le tasse a un potere straniero. I Farisei e gli Erodiani speravano di mettere Gesù in una posizione scomoda, costringendolo a prendere una posizione impopolare o contro la legge romana o contro la tradizione ebraica.

6 Messaggi chiave per il lettore dei Vangeli

  1. È importante restituire a Dio ciò che è di Dio – tutto - e a Cesare ciò che è di Cesare, il Denaro.
  2. Gesù ci insegna a discernere le priorità. La cosa più importante nella vita è seguire Dio e il suo Regno non il culto a Cesare mediante l’uso del denaro.
  3. Gesù è saggio e astuto. Egli sa come sfuggire alle trappole dei suoi avversari e come proclamare la verità del regno di Dio.
  4. Dobbiamo essere onesti e integri nelle nostre relazioni con gli altri. Non dobbiamo cercare di ingannare o sfruttare gli altri e soprattutto restituire le cose che non sono nostre al legittimo proprietario.
  5. Gesù è venuto per liberarci dall'oppressione. Egli ci offre la libertà vera, che è la libertà dal peccato e dalla morte, quindi obbedienza a Dio e non agli uomini.
  6. Seguire Gesù significa vivere una vita di giustizia e di amore come la sua – che muore povero e su una croce non sua. Dobbiamo amare Dio con tutto il nostro cuore e il nostro prossimo come noi stessi, imitando Gesù e non gli erodiani e i farisei.

Conclusione

Marco 12,13-17 è un brano ricco di insegnamenti per noi cristiani. Ci ricorda l'importanza di rendere a Dio ciò che è di Dio, di obbedire alle leggi civili, di discernere le priorità, di essere onesti e integri, e di seguire Gesù con tutto il nostro cuore. Questo brano ci offre anche una speranza: la speranza di essere liberati dall'oppressione e di vivere una vita di giustizia e di amore.

 UNA INTERPRETAZIONE PERSONALE

L'interpretazione di Marco 12,17 e dell'imperativo ἀπόδοτε ("restituite") offre una prospettiva di lettura più profonda del passo.

L'invito di Gesù a "restituire a Cesare ciò che è di Cesare" può essere visto come un monito a non rimanere dipendenti dal potere terreno e dal denaro, simboli del dominio di Cesare. Restituendo il denaro a Cesare, si compie un atto simbolico di distacco dai beni materiali e dal potere mondano, affermando la priorità del Regno di Dio e della sua giustizia.

L'imperativo ἀπόδοτε non implica tuttavia un rifiuto totale del denaro o delle strutture economiche e politiche. Piuttosto, Gesù invita a discernere il vero valore di queste cose e a non lasciarsene dominare, rendendosi schiavi del mondo. Il denaro e il potere – che Gesù non ha - , in quanto strumenti, possono essere usati per il bene o per il male. La vera libertà, secondo Gesù, consiste nel non essere schiavi di queste cose, né quindi di Cesare, ma nell'usarle eventualmente al servizio di Dio e del prossimo. Paolo parla in genere bene delle autorità romane (VEDI NOTA).

In questo senso, l'atto di restituire il denaro a Cesare può essere visto come un gesto di obbedienza alle leggi civili, ma anche come un atto di affermazione della propria libertà interiore. Significa riconoscere che il vero potere e la vera ricchezza non appartengono a Cesare, ma a Dio.

Ecco alcuni punti da tenere a mente per una comprensione completa del passo:

In definitiva, l'interpretazione di Marco 12,17 dipende da una lettura attenta del testo e da una considerazione del contesto storico e teologico. L'invito di Gesù a "restituire a Cesare ciò che è di Cesare" è un invito a discernere, a non essere schiavi del potere terreno e a vivere una vita libera al servizio di Dio e del prossimo.

NOTA PAOLINA

È vero che Paolo, nelle sue lettere, esprime un atteggiamento generalmente positivo verso le autorità romane, pur non mancando di criticarne alcuni aspetti. In diverse occasioni, egli esorta i cristiani a obbedire alle leggi e a pagare le tasse dovute, riconoscendo l'autorità legittima dei governanti romani.

Ecco alcuni passi biblici che supportano questa affermazione:

Romani 13,1-7

"Ogni persona sia sottomessa alle autorità costituite, perché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. Infatti, i governanti non sono per spaventare chi fa il bene, ma per chi fa il male. Vuoi dunque non temere l'autorità? Fai' il bene, e avrai da lei lode. Poiché essa è serva di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, devi temere, perché non porta la spada invano; è serva di Dio per punire chi fa il male. Perciò è necessario sottomettersi, non solo per timore della punizione, ma anche per coscienza."

Tito 3,1-3

"Ricorda loro di essere sottomessi e obbedienti ai loro superiori, di essere pronti a ogni opera buona, di non parlare male di nessuno, di essere pacifici e di dimostrare ogni mitezza verso tutti gli uomini. Infatti anche noi eravamo una volta stolti, disobbedienti, ingannati, schiavi di ogni sorta di passioni e desideri, vivendo nelle tenebre e nell'ignoranza; eravamo anche figli dell'ira. Ma quando apparve la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini, non per opere di giustizia che noi avessimo compiuto, ma per sua misericordia, egli ci ha salvati mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha effuso su di noi con abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore."

1 Pietro 2,13-17

"Sottomettetevi dunque a ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come suoi inviati per punire i malfattori e per lodare i buoni. Infatti questa è la volontà di Dio: che facendo il bene, riduciate al silenzio l'ignoranza degli stolti. Comportatevi da liberi, ma senza usare la libertà come pretesto per fare il male; anzi, come servi di Dio. Rispettate tutti: amate i fratelli, temete Dio, onorate il re."

È importante sottolineare che l'obbedienza alle autorità romane, per Paolo, non è mai assoluta. Egli infatti condanna fermamente ogni forma di ingiustizia e di oppressione, e invita i cristiani a resistere con coraggio quando le leggi o le azioni dei governanti contrastano con gli insegnamenti di Gesù Cristo.

In questo senso, l'atteggiamento di Paolo verso le autorità romane si caratterizza per un equilibrio tra rispetto e discernimento, tra obbedienza e critica, tra riconoscimento della legittima autorità e rifiuto di ogni forma di tirannia.

Oltre ai passi citati, si possono trovare altri riferimenti positivi alle autorità romane in altre lettere di Paolo, come 1 Corinzi 16,23; Filippesi 1,27 e 4,22.

È fondamentale leggere questi passi nel loro contesto storico e teologico, per comprendere appieno la complessa posizione di Paolo nei confronti del potere romano e il suo insegnamento ai cristiani su come vivere in diaspora, in una società pagana.

[Gemini]


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